IL BIOGAS È INSOSTENIBILE
Fonte: http://files.meetup.com/3687032/sgonfiabiogas2.pdf
Di Michele Corti, docente di sistemi zootecnici all’Università di Milano
LA CORSA AL BIOGAS: SGONFIAMOLA IN TEMPO!
La corsa al biogas pseudo-agricolo – incentivato da norme scriteriate dettate dalle lobbies – sta procedendo ad alta velocità. Grazie alle procedure ultrafacilitate per le autorizzazioni e alla natura di ‘pubblica utilità’ (sic) degli impianti. Sgonfiamola in tempo!
Fonte: http://www.ruralpini.it/Inforegioni01.07.11-Moratoria-per-il-biogas.htm
Seguire l’esempio di Slow Food cremonese:
di Michele Corti
A Cremona la corsa degli speculatori al biogas ‘pseudo-agricolo’ ha già portato a sottrarre all’agricoltura il 25% delle superfici agricole (tenendo conto degli impianti in funzione e in cantiere). Slow Food non ci sta. Intanto anche la provincia di Bologna vuole una moratoria.
Nello scorso maggio la condotta cremonese di Slow Food, con una presa di posizione coraggiosa, ha lanciato un appello (pubblicato in fondo alla pagina) contro la proliferazione delle centrali ‘agricole’ a biogas. Si tratta impianti di grande potenza (1 MW) gestiti in qualche caso da agricoltori che vogliono trasformarsi in speculatori ma, in prevalenza, da società create ad hoc per buttarsi a capofitto nel business delle rinnovabili ‘pseudo-agricole’ attratte dalle generose rendite garantite da norme (nazionali) insensate. Solo degli sprovveduti possono ritenere a favore dell’agricoltura impianti di 1MW di potenza che ‘divorano’ decine di migliaia di tonnellate di biomasse ‘vergini’ ottenute da colture ‘bioenergetiche’ sostitutive di coltivazioni alimentari e foraggere. Purtroppo, nonostante i pesanti impatti provocati da questi impianti, sono ancora pochi quelli che osano gridare a gran voce che “il re è nudo”: che di ‘bio’ c’è solo l’abuso di un suffisso, che il biogas ‘agricolo’ è quanto di più anti-ecologico e anti-agricolo si possa immaginare.
Slow Food cremonese ha aperto la via
Va dato quindi merito a Slow Food cremonese di aver saputo sfidare i tabù di uno pseudo-ambientalismo che, in omaggio al mito delle ‘rinnovabili’, ha sinora inibito chiare prese di posizione e azioni efficaci contro il biogas selvaggio. Solo gli Amici della terra nell’ambito della galassia ambientalista si sono pronunciati sinora contro questa piaga. La loro presa di posizione, e l’iniziativa di Slow Food a Cremona, dimostrano , se ce ne fosse bisogno, che l’ambientalismo autentico è quello che non perde di vista i valori della terra, dlel’alimentazione, dell’uomo. L’unico ecologismo è quello contadino, dice Vandana Shiva.
Putroppo, però, si chiude la stalla quando i buoi sono già in buona misura scappati. Nel caso delle centrali a biogas, infatti, il governo – in assenza di un movimento di protesta agguerrito come nel caso di quello contro il fotovoltaico a terra – ha ben pensato di rigettare le richieste, avanzate da più parti, tendenti a fissare una riduzione del limite di potenza delle centrali ‘agricole’ e ad imporre un vincolo alla percentuale di superfici agricole aziendali destinabili alle bioenergie.
Siamo ancora in tempo, però, per bloccare l’ulteriore espansione del biogas. A Cremona, ormai siamo arrivati al numero stratosferico di 125 centrali (comprese quelle in itinere), un numero che comporta la sottrazione del 25% della SAU (superficie agricola utilizzata) provinciale. Ma altrove la ‘curva’ della corsa a biogas è ancora nella fase ascendente e si può intervenire con una moratoria, con l’emanazione da parte di Linee Guida da parte delle regioni. Il problema vale per le provincie ‘calde’ come Lodi, Brescia, Bergamo, Padova, Bologna ma anche per il Piemonte e persino per il centro-Italia.
Si mina ulteriormente l’autosufficienza alimentare in nome di una produzione energetica netta modesta
Molti, finalmente, capiscono che il biogas è un tranello mortale per l’agricoltura, con conseguenze deleterie in termini economici ed agronomici. Messe in ginocchio per l’aumento dei costi e l’impossibilità di espansione con lo strumento dell’affitto molte aziende zootecniche saranno costrette a cedere. Non è escluso che i fallimenti consentano agli speculatori e agli interessi finanziari alle loro spalle di ‘mettere la mani’ sulla terra, di accaparrarsi una risorse che nel futuro sarà sempre più preziosa. Il biogas va nel senso opposto all’esigenza strategica di rafforzare l’autosufficienza e la sovranità alimentare. Da questo punto di vista i politici che avallano questa corsa si assumono pesantissime responsabilità. È sotto gli occhi di tutti come la Cina (ma non solo) si stia accaparrando i terreni agricoli in Africa, quelli che gli europei non hanno voluto o saputo far fruttare presi dalla smania delle piantagioni coloniali. In futuro l’Europa si troverà in un quadro d competizione mondiale che la costringerà a tornare a fare affidamento sulle proprie risorse alimentari. Sarà presto un ricordo l’era dell’imprt a basso costo di materie prime agricole e di mangimi.
Danni alla fertilità dei terreni a lungo termine
È irresponsabile vincolare per 15-20 anni così tante superfici pregiate per alimentare dei digestori che in termini energetici hanno una resa energetica netta molto bassa (che si azzera se si aggiungono al digestore anaerobico impianti di abbattimento dei nitrati e/o di defosforilazione). Irresponsabile anche perché il biogas induce un aumento della coltivazione in monosucuccessione (monocoltura) con tutte le conseguenze negative che questo cmporta in termini di fertilità, maggiore resistenza di malerbe e avversità delle piante. In più il biogas comporta il mancato apporto di sostanza organica (che viene ‘bruciata’ nei digestori) e l’accumulo nel terreno di elementi che si concentrano nei digestati e che possono determinare squilibri nell’assorbimento dei nutrienti da parte delle piante e persino rischi di fitotossicità (metalli pesanti). Da rilevare che il fenomeno del mancato apporto di sostanza organica al terreno sarà acuito dalla crisi della zootecnia. Oggi si considera la sostanza organica, il carbonio e l’azoto degli effluenti zootecnici una maledizione, un rifiuto. Domani ce ne pentiremo amaramente.
Appello a tutti coloro che hanno a cuore l’agricoltura
Di fronte alle crescenti proteste degli abitanti di frazioni ammorbate dalla puzza delle centrali nella bassa bolognese anche il Consiglio provinciale di Bologna ha adottato un ordine del giorno che chiede alla regione Emilia-Romagna una moratoria per tutte le nuove centrali a biomasse. Insieme alla presa di posizione di Slow Food la nuova richiesta di moratoria che viene da Bologna deve indurre associazioni, comitati, organizzazioni agricole a chiedere una moratoria generalizzata delle grosse centrali a Biogas in attesa di nuove regole che frenino la speculazione e limitino severamente la destinazione delle superfici agricole all’alimentazione dei digestori. No ci si attende certo che Confagricoltura, parte organica delle lobbies agroenergetiche, si schieri contro un business che vede in prima fila società ad essa associate. Ci si attende, invece, che Coldiretti e Cia sappiano sperare le remore costituite dall’implicazione nel business di loro soci (magari solo in quanto concedebnti di terreni alle società che gfestiscono le centrali). Sugli Ogm hanno preso una posizione netta; non si vede perché non debbano farlo anche per le centrali a biogas gestite da società speculative che appartengono alla identica logica degli Ogm e rappresentano una minaccia molto più concreta.
Al Presidente della Provincia
Al Consiglio Provinciale
Ai Partiti Politici
Agli Organi di Stampa
L’assemblea della Condotta Slow Food del Cremonese svoltasi il 5 maggio sc. – nel sostenere gli agricoltori di piccola e media scala che col loro lavoro conservano un patrimonio di biodiversità, di sapori e di saperi ed operano per preservare il territorio – ha deliberato di rivolgere un appello ai rappresentanti del Governo Locale ed alle forze politiche affinchè venga applicata una moratoria alla realizzazione ed autorizzazione di impianti di biogas che non siano collocati presso le stalle delle aziende agricole e che superino i 250 KW di potenza .
La Provincia di Cremona detiene il record nazionale di impianti di biogas autorizzati , complessivamente 125 , con oltre 130 MW di potenza .
Ciò significa che il 25% della superficie agricola provinciale sarebbe destinato a produrre mais da utilizzare nell’impianto di biogas: per alimentare un “digestore” da 1 MW occorre ogni giorno l’equivalente di 1 ettaro di terreno coltivato a mais , sottraendo così terreno fertile alla produzione di alimenti umani ed animali.
Anche il bilancio energetico netto è modesto: per coltivare mais serve molta energia fossile ( lavorazione del terreno , concimi chimici e pesticidi , diserbanti , irrigazione , trasporti , impatto sulla viabilità durante il raccolto perché possono provenire da un raggio di 70 KM dall’impianto) pari al 75/80% dell’energia verde prodotta !!
Chiediamo allora :
1. E’ eticamente sostenibile concedere contributi in cto capitale fino al 40% dei costi per realizzare impianti che sottraggono terreni alla produzione agricola ?
2. E’ eticamente sostenibile concedere contributi della PAC per far produrre mais ad agricoltori o pseudoagricoltori che lo usano per fare biogas ed ottenere energia pagata , attraverso gli incentivi , dalla collettività ?
3. E’ ecologicamente sostenibile importare di conseguenza alimenti per la zootecnia da altri continenti e distruggere foreste e savane – a discapito della sovranità alimentare – per soddisfare la domanda di cereali dei nostri allevamenti ?
La Condotta del Cremonese , a nome dei propri iscritti , chiede pertanto al Presidente ed al Consiglio Provinciale , alle Istituzioni locali di adottare provvedimenti che fermino questo spreco e sostengano l’agroecologia favorendo le iniziative basate sul riuso , il riciclo, il rispetto dell’ambiente , le energie rinnovabili come il microidroelettrico e riportando il biogas al principio originario di valorizzazione di biomasse “non nobili” la cui “digestione” rappresenti un’alternativa a forme di smaltimento costose quali i rifiuti organici domestici, gli scarti della GDO e quelli agro-industriali fermentescibili .
Esistono già validissimi esempi di produzioni energetiche “ a ciclo chiuso”che utilizzano liquami agricoli e rifiuti urbani , non sprecando territorio .
Chiediamo una scelta strategica che fermi la definitiva e totale industrializzazione dell’agricoltura e la depauperazione di una risorsa da millenni ritenuta un bene prezioso ; che fermi lo scempio ecologico ed economico che regge solo perché fortemente incentivato a danno della collettività ed a vantaggio di pochi .
Riteniamo fondamentale puntare sul binomio “agricoltura-ambiente” e sulla valorizzazione delle produzioni agricole , non basando l’integrazione al reddito solo sull’estensione bensì sulla qualità e sul recupero di sistemi colturali più sostenibili e meno invasivi ma non per questo meno efficienti .
Crediamo in una “multifunzionalità agricola” che riporti gli agricoltori a contato con i consumatori e ricrei i valori delle comunità locali .
Ci pare purtroppo che la “multifunzionalità energetica” vada in direzione opposta guidata da lobbies che spesso coincidono con quelle degli OGM.
Cremona , 21 maggio 2011, Il Comitato di Condotta Slow Food Cremonese