SALVIAMO L’AGRICOLTURA E LA SALUTE

Fonte: http://www.ruralpini.it/Commenti12.02.12-Agricoltura-pattumiera.htm

Agricoltura: da energicoltura a pattumicoltura?

Salviamo l’agricoltura e la salute

di Michele Corti

 

(12.03.12) Nei recenti simposi sul futuro delle agroenergie e, in particolare, del biometano è emerso chiaramente cosa vuole il business: utilizzare le agrocentrali a biogas e biomasse per smaltire rifiuti

 

Appare evidente che la realizzazione di così tante biogas e biomasse (le centrali elettriche pseudoagricole) nasconde un disegno ben preciso: di fronte al costo delle biomasse “pulite” e allo sdegno morale per il cibo “bruciato” si punta ai rifiuti

 

Domenica 11-03-2012 a Linea Verde (Rai1) il ministro Catania ha detto che di centrali a biomasse ce ne sono già abbastanza e che non ha senso spingere ulteriormente.

Il fatto, però, è che con le richieste di autorizzazione in itinere in alcune regioni come la Lombardia si raggiungerà un potenziale di digestione di biomasse enorme.

Ma come verranno fatte marciare le centrali se rifornirle di biomasse “pulite” diventa sempre più difficile? Verranno spente? Troppo bello. Gli agricoltori (più o meno veri) che gestiscono le centrali “agricole” da 1MW (a volte moltiplicato furbescamente per 4) rinunceranno ai forti profitti che li stanno distogliendo dalle vere attività agricole? Difficile crederlo. Le organizzazioni di categoria chiederanno delle modifiche legislative per “salvare il reddito agricolo” e le centrali diventeranno sempre meno complementari ed integrate ai cicli agricoli e sempre più complementari e integrate a quelli … dei rifiuti.

L’uso di fanghi, rifiuti solidi urbani, non rappresenta più una ipotesi “terroristica” del popolo NO BIOMASSE ma una eventualità prospettata dai tecnici, dalla lobby.

Il consorzio del biometano (il successore del biogas) lo dice apertamente nei vari convegni, seminari, simposi e workshop che impegnano quasi a tempo pieno gli “addetti ai lavori”.

 

Una nuova parolina magica: “codigestione”

In un Dossier redazionale “Dal biogas al biometano” della rivista dell’Associazione Italiana Allevatori  (L’Allevatore, n. 4 22 febbraio 2012) dello “Speciale biometano” ci si chiede: “L’Italia ha le potenzialità per produrre biometano in quantità, senza ripercussioni negative sul fronte della produzione alimentare?”. La risposta è “Sfruttando efficienti biodigestori a codigestione“. Cosa si intenda per “codigestione”, un termine che può confondere le idee già un po’ confuse dalle “cogenerazioni virtuali” presto chiaro: ” Un mix di effluenti zootecnici, substrati fermentescibili di diversa natura (sottoprodotti agroindustriali, frazione umida dei rifiuti urbani, ecc.) e ovviamente colture dedicate”. Più avanti nell’articolo si parla anche di fanghi ecc.

A questo punto le obiezioni sono d’obbligo: ma chi garantirà che i materiali che viaggiano sulle strade d’Italia per rifornire le centrali siano sicuri? Come è possibile garantire in un contesto così delicato che quello che parte per rifornire le centrali “agricole” sia lo stesso di quello che arriva? Che quello che entra ed esce dai digestori sia sicuro? Non sono domande retoriche. È ben diverso controllare un numero limitato di impianti specializzati che sorgono presso industrie alimentari o zone indistriali (vicino alle strade principali), dove le materie di scarto vengono convenientemente trattate sul posto prima della digestione.

A pensar male si fa peccato ma ci si azzecca. Non è che l’idea del mix preconizzato dai biometanisti sia un modo per far perdere più facilmente le tracce di rifiuti “sporchi”?. Una volta che rsu, scarti di macelleria, biomasse vergini, liquami, fanghi vengono digeriti solo analisi spesso sofisticate consentono di risalire alle matrici di partenza e ad eventuali abusi. La strada del compostaggio consente meno di mescolare le carte e ha il grosso vantaggio di riciclare materia e non solo (un po’ di) energia. Come abbiamo già avuto modo di osservare (vedi articolo) in Italia i terreni agricoli sono poveri o poverissimi di sostanza organica e non possono essere nutriti con i digestati ma necessitano di concimi organici.

La produzione di biometano da rsu o scarti dell’industria agralimentare può essere un male minore ma se avviene la dove lo scarto è prodotto, la dove i rsu sono trattati. Non nelle aziende agricole sparse per l’Italia.

Già oggi le centrali, grazie a permessi accordati o de facto, utilizzano matrici diverse da quelle indicate nei progetti (che spesso sottovalutano la quantità di biomasse necessarie in mancanza di superfici adeguate agli spandimenti del digestato).

 

“Controllate ogni camion in entrata”

In un incontro pubblico del 27 gennaio a Masi Torello (FE) organizzato dal locale Comitato No biogas una funzionaria dell’ARPA dopo aver premesso di “essere in ferie” e di parlare a titolo personale sollecitava i cittadini, una volta avviata la biogas, a “controllare ogni camion in entrata”. Mi era parsa una boutade. La stessa raccomandazione l’ho però sentita ripetere l’altro ieri (domenica 11 marzo) a Boffalora sopra il Ticino ad un incontro pubblico sul tema di una biogas che funziona dalla scorsa estate (con problemi di puzza e via vai di autobotti e camion). Il tecnico che supporta il Comitato, il dott. Longoni di Meda, professionista impegnato in controlli ambientali sul funzionamento delle centrali stesse – e quindi molto addentro nel settore – ha esortato i cittadini a controllare essi stessi i mezzi che portano biomasse.  “Purtroppo il Sistri, il sistema messo in piedi dal Ministero dell’ambiente per la tracciabilità dei rifiuti non decolla mentre l’Arpa non riesce a controllare tutto”. Questa è già una premessa poco rassicurante. ma Longoni è stato anche più esplicito: “Dovete state attenti perché le centrali a biogas stanno diventando un sistema di smaltimento dei rifiuti: quelli solidi ai termovalorizzatori, quelli liquidi alle biogas e purtroppo quando si entra nel campo dei rifiuti sapete che c’è di mezzo la criminalità organizzata”. Il tecnico ha aggiunto che si sono già verificati “incidenti” molto spiacevoli a carico delle biogas, fatti che non sono filtrati verso il pubblico ma molto noti nel “giro”. “In provincia di Bergamo matrici contaminate con sostanze chimiche tossiche sono finite negli impianti a biogas”. La prospettiva non è rassicurante: se già ora finiscono per “incidenti” matrici contaminate nelle biogas .

 

La strategia della lobby

Il quadro è chiarissimo. Prima si crea una marea di centrali a biogas (il discorso per le biomasse a combustione o gassificazione è del tutto analogo) poi si dice che per non rovinare l’agricoltura e per non “bruciare” troppo cibo, che non sarebbe troppo etico, è bene cercare altri “substrati”. Già oggi i tecnici ammettono che la potenzialità di digestione di biomasse delle centrali lombarde (saranno 500 a breve) crea una “domanda” eccessiva rispetto all’offerta disponibile. Giocoforza andare a prendere qualcos’altro, qualcosa per cui la gente paga per far scomparire. E chi la offre non manca. Controllare centinaia, migliaia di centrali “agricole” a biogas o a biomasse è molto più difficile che controllare pochi inceneritori. In più c’è anche il vantaggio che alla gente questi sistemi subdoli di smaltimento rifiuti li contrabbandi come un modo per “salvare il pianeta”. Il gioco è ormai chiaro. L’aspetto più immorale e pericoloso del biogas non sono i 28 cent a kWh, non è la sordida speculazione. Quest’ultima è solo un’esca pensata dal “cervello”, dalla lobby. Il rischio è lo smaltimento di matrici contaminate con rischi dal punto di vista chimico e microbiologico gestite in un vortice di scarti e rifiuti che viaggia ovunque, un vortice in cui le ecomafie possono avere ampia possibilità di agire. E non si dica che sono processi alle intenzioni perché è di ieri la notizia dello smaltimento illecito di rifiuti pericolosi nei cantieri della Brebemi con la presunt  complicità dell’assessore all’ambiente della Regione Lombardia, tale Franco Nicoli Cristiani da Brescia (beccato con 100mila euro in contanti)(sotto). Con le biogas il rischio è che le porcherie vadano a contaminare i terreni agricoli di mezza Italia. E poi cosa mangeremo?

 

I traffici sono già in atto

Nel corso dell’incontro di Boffalora è venuto fuori che alle proteste dei cittadini e della stessa commissione comunale che si occupa della biogas i funzionari della Provincia di Milano avrebbero detto le testuali parole: “Ma perché vi opponete il biogas, è una cosa così nobile”. Nobile, già. La testimonianza di Maurizio Venegoni, il titolare del salumificio che si è trovato a “convivere” con la centrale, è stata chiarissima: “Sono stato contattato da un mediatore di scarti e sottoprodotti che si è offerto di ritirare i miei scarti di macelleria e di inviarli a una centrale a biomasse in Piemonte; sono stato al gioco per capire cosa c’era sotto e mi sono fatto dire qual’era l’impianto. Ho verificato con l’ASL competente, e non era autorizzato per utilizzare quel tipo di matrici. Allora l’ho riferito al “sensale”. Mi ha risposto: “Ma sarà mica un problema”.