INCENERITORI O TERMOVALORIZZATORI ?
COSA SONO E COME FUNZIONANO
Per alcuni sono la soluzione al problema rifiuti ed una fonte di energia rinnovabile, per altri un enorme business ed una grave minaccia alla salute e all’ambiente.
Gli inceneritori o termovalorizzatori, termine coniato solo nel nostro paese allo scopo di attenuare quello che nell’immaginario pubblico può evocare il termine inceneritore, sono impianti di smaltimento dei rifiuti che bruciandoli, non li eliminano ma ne trasformano il peso ed il volume così come la fisica ci insegna “ NIENTE SI CREA, NIENTE SI DISTRUGGE, MA TUTTO SI TRASFORMA “.
Incenerire i rifiuti vuol dire davvero smaltirli definitivamente producendo energia?
Sono ormai diversi mesi, dallo scoppio della drammatica emergenza spazzatura in Campania, che nelle case degli italiani, attraverso trasmissioni televisive, giornali e quant’altro, entrano quasi quotidianamente termini quali inceneritori e termovalorizzatori.
Ma di preciso che cos’è un inceneritore e come funziona?
Siamo davvero convinti che si tratti della soluzione ideale per produrre energia alternativa, senza compromettere l’equilibrio ambientale e la salute dell’uomo e che sia quindi una fonte energetica rinnovabile tanto da poterlo chiamare termovalorizzatore?
Per inceneritore si intende un impianto industriale in grado di eliminare parte dei rifiuti solidi urbani, mediante un processo di combustione in forni ad altissime temperature. In particolare, si parla di termovalorizzatore nel caso in cui, dallo sfruttamento del calore prodotto, si riesca anche a ottenere un recupero energetico, sotto forma di elettricità o acqua calda.
In Europa si contano più di 350 inceneritori attivi, distribuiti sia in piccoli centri rurali, sia all’interno di grandi metropoli, come Londra, Parigi e Vienna.
Di essi la maggior parte sono del tipo “a griglie”, caratterizzati dalla presenza di un enorme focolare, al cui interno, delle griglie metalliche a rulli paralleli provvedono a smuovere i rifiuti. In genere il potere calorifico che sviluppano oscilla tra i 9.000 e i 13.000 MJ/t, a seconda del tonnellaggio e della qualità dei rifiuti stessi.
Il procedimento di produzione di energia in un inceneritore si articola in diverse fasi. Anzitutto si ha lo smistamento e la divisione della spazzatura, dacché la componente umida, destinata al compostaggio, deve essere separata dalla secca. Solo quest’ultima, infatti, viene caricata nella camera di combustione, dove arde a temperature superiori ai 1000 °C, grazie all’immissione di gas metano, nella quantità di circa 12-18 metri cubi per tonnellata. ( quindi ad ogni tonnellata di rifiuti si sommano 12-18 metri cubi di gas metano, fin qui non si è ridotto ancora nulla ma si aumenta di peso e volume ciò che fantasticamente dovrebbe scomparire ) Il forte calore emesso viene convogliato in direzione di una caldaia sovrastante. L’acqua in essa contenuta, da un lato viene utilizzata direttamente per il teleriscaldamento, dall’altro genera vapore a sufficienza per azionare una turbina connessa a un alternatore di corrente.
Pur ipotizzando di sfruttare a pieno il combustibile disponibile, invero, va rilevato come l’indice di efficienza energetica del meccanismo appena descritto, per quanto attiene alla produzione di elettricità, difficilmente superi la soglia del 25 per cento. Un risultato tutt’altro che lusinghiero, di gran lunga inferiore rispetto al rendimento di una comune centrale termoelettrica a ciclo combinato.
Da tener conto, inoltre, che i maggiori combustibili tra i rifiuti, sono carta e plastica, materiali riciclabili, per la cui produzione iniziale si è investito una quantità di energia 18 volte maggiore di quella che rende bruciando.
E’ QUINDI EVIDENTE CHE GLI INCENERITORI SONO SEMPLICEMENTE TALI E CHE NON TERMOVALORIZZANO ASSOLUTAMENTE NULLA
I rifiuti inceneriti quindi si trasformano in fumi e ceneri pesanti. Lo smaltimento delle ceneri pesanti, molto tossiche, vengono indirizzate, parte, alle discariche, ( non sempre in quelle autorizzate per rifiuti altamente tossici, perché molto costose ) parte riciclabili per la produzione di calcestruzzo,( quindi rendendo il calcestruzzo altamente tossico ) ma, l’aspetto che desta maggiori preoccupazioni è senza dubbio il trattamento dei fumi tossici liberati nell’atmosfera.
Attualmente, negli impianti di ultima generazione, operano sistemi di depurazione multistadio, composti cioè da una successione di filtri elettrostatici, ciascuno dei quali, in teoria, specifico per un determinato inquinante. Rispetto solo a venti anni fa, si è registrato un incremento positivo dei rendimenti nella captazione delle polveri totali, nell’ordine del 20-25% circa. Ciononostante il quantitativo di sostanze chimiche in grado di sfuggire al filtraggio resta considerevole. Per di più, a causa dell’evoluzione tecnologica e dell’aumento delle temperature interne nei forni, si è assistito al fenomeno dell’assottigliamento delle polveri e alla diffusione di particolati e microinquinanti di dimensioni inferiori ai 2,5 micron (metalli, diossine, furani, policlorobifenili, ecc.), pressoché impossibili da trattenere, molto resistenti ai processi di degradazione naturale ed estremamente nocivi per la salute degli esseri viventi.
La formazione delle sostanze inquinanti, emesse in forma solida, liquida e gassosa da un inceneritore, dipende da diversi fattori quali: la tipologia del rifiuto trattato (composizione chimica), le condizioni di combustione e quelle operative dei sistemi di abbattimento degli inquinanti. Le sostanze chimiche emesse dal camino di un inceneritore comprendono: composti organici del cloro (diossine, furani, PCB – policlorobifenili), IPA (idrocarburi policiclici aromatici), VOC (composti organici volatili), elementi in traccia (piombo, cadmio e mercurio), acido
cloridrico, ossidi di azoto, ossidi di zolfo, ossidi di carbonio e centinaia di altri composti che non si riesce a monitorare. Molte sostanze si disperdono in atmosfera insieme alle polveri, alle ceneri di fondo (che si depositano alla base della caldaia durante il processo di combustione) e alle ceneri volanti (perché non trattenute dai sistemi di filtraggio aereo)
Molti composti emessi da un inceneritore sono persistenti, cioè resistenti ai processi naturali di degradazione, bioaccumulabili, perché si accumulano nei tessuti degli animali viventi trasferendosi da un organismo all’altro lungo la catena alimentare (fino a giungere all’uomo) e tossici, in quanto sono sostanze che per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea possono comportare patologie acute o croniche fino a poter determinare la morte dell’organismo esposto.
L’incenerimento è anche tra le principali fonti di gas serra: secondo recenti calcoli di Greenpeace (settembre 2006), a parità di energia prodotta, gli inceneritori emettono più CO2 delle centrali a carbone (940 grammi per chilowattora gli inceneritori; 900 le centrali a carbone; 530 la media per tutte le fonti). . Circa la pericolosità delle emissioni molto si è già detto, di certo molto si continuerà a dire .Molti medici e studiosi si battono, in tutto il mondo, per diffondere i risultati di numerosi studi sull’incremento dell’incidenza dei tumori e delle malattie cardio-vascolari nelle zone limitrofe agli impianti.
Al solito, le istituzioni politiche vegetano con le loro insanabili contraddizioni, legiferando normative cavillose, puntualmente inapplicate, sovente persino inapplicabili. Non ultimo, come nel caso dell’Italia, con finanziamenti pubblici più simili a speculazioni economiche che non a reali investimenti sulle fonti rinnovabili.
PERCHE’ GLI ESPERTI “ LIBERI “ SONO CONTRARI AGLI INCENERITORI
Sono contrari all’impiego di questi impianti come soluzione alla gestione dei rifiuti per una serie di ragioni, fra cui:
- Pongono un rischio sanitario e ambientale. Molti degli inquinanti emessi come le diossine e i furani sono composti cancerogeni e altamente tossici. L’esposizione al cadmio può provocare patologie polmonari ed indurre tumori. Il mercurio, sotto forma di vapore, è dannoso al sistema nervoso centrale ed i suoi composti inorganici agiscono anche a basse concentrazioni. Nonostante i moderni sistemi di abbattimento degli inquinanti riescano a limitare le dispersioni atmosferiche, la natura della maggior parte dei composti emessi è tale da porre problemi anche a bassa concentrazione. Inoltre, essendo resistenti alla degradazione naturale, si accumulano progressivamente nell’ambiente e così gli inquinanti entrano inevitabilmente nella catena alimentare.
- Disincentivano la prevenzione e la raccolta differenziata. Gli inceneritori necessitano di un apporto di rifiuti giornaliero e continuo, in netta opposizione ad ogni intervento di prevenzione della loro produzione e pericolosità (principi che sono alla base della gestione dei rifiuti dell’Unione europea). Inoltre, la combustione dei rifiuti disincentiva la raccolta differenziata finalizzata al recupero dei materiali contenuti nei rifiuti. Questo sistema di raccolta, che in Italia è già fortemente penalizzato da una scarsa volontà politica, non riuscirà a raggiungere gli obiettivi di legge se la gestione dei rifiuti prenderà la via della combustione.
- Richiedono ingenti investimenti economici. Sono impianti altamente costosi (almeno 60 milioni di euro) e a bassa efficienza che non starebbero sul mercato in assenza d’incentivi finanziari, di cui questi impianti godono, attraverso il sistema dei CIP6 e dei certificati verdi.
- Non eliminano il problema delle discariche. Nonostante non registrino la diminuzione di volume dei rifiuti prodotti, il destino delle ceneri e di altri rifiuti tossici prodotti da un inceneritore è comunque lo smaltimento in discariche per rifiuti speciali, più costose e pericolose di quelle per rifiuti urbani.
- Non servono a risolvere le emergenze. . La costruzione di un impianto di incenerimento richiede diversi anni di lavoro (almeno 4-6 anni) e pertanto non può essere considerato una soluzione all’emergenza rifiuti, che invece deve essere ricercata nell’approccio a monte del problema.
- Non creano occupazione. La costruzione e l’esercizio di un impianto determina un livello occupazionale inferiore al personale impiegato nelle industrie del riciclaggio dei materiali, siano esse pubbliche che private. In linea generale, la richiesta degli addetti nella filiera del riciclo è di circa il doppio rispetto a quei sistemi che privilegiano lo smaltimento dei rifiuti.
- Non garantiscono un alto recupero energetico. . Bruciare i materiali che potrebbero essere avviati a riuso, riciclaggio o compostaggio rappresenta uno spreco di risorse e di energia. L’incenerimento recupera solo il 18-20% del potenziale calorifico dei rifiuti, senza contare l’energia necessaria per produrre CDR (combustibile derivato da rifiuto), smaltire le ceneri, filtrare le polveri, depurare le acque, ecc. Una volta inceneriti i materiali post consumo, si crea inoltre la necessità di altra energia per estrarre e trasportare le materie prime utili a produrre nuovi prodotti di consumo. Il recupero della materia mediante riciclaggio e compostaggio permette, invece, di utilizzare più volte lo stesso materiale, ottenendo vantaggi energetici da 3 a 5 volte superiori.