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DAVVERO NON SERVONO INDAGINI?

 

COMUNICATO STAMPA

 

In merito alla Campagna Nazionale per la  Difesa del latte Materno, fortemente voluta e sostenuta dalla nostra associazione che figura tra le otto associazioni promotrici, pubblichiamo, di seguito, la risposta della Dottoressa Patrizia Gentilini, portavoce della Campagna, al Direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica di Ravenna dott. Ghinassi, il quale  ha affermato che “non servono indagini” per verificare la presenza di inquinanti nel latte materno nel ravennate.


Risposta al Direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica di Ravenna

Gentile Dott. Ghinassi,

abbiamo letto al seguente link http://www.ravennaedintorni.it/ravenna-notizie/30931/ausl-sappiamo-che-il-latte-maternocontiene-diossine-non-servono-indagini.html la risposta da Lei fornita in qualità di Direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica alle indagini fatte per iniziativa spontanea su campioni di latte materno di due mamme del ravennate.
L’argomento è troppo importante e delicato e non possiamo lasciare passare senza commento alcune osservazioni riportate nell’intervista.
Lei afferma che non sarebbero necessarie ulteriori indagini dal momento che in tutte le aree industrializzate le diossine sono presenti nel latte materno: ci spiace contraddirla, ma questo non è il parere dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – che anzi raccomanda il biomonitoraggio del latte materno, quale indicatore “ideale” della contaminazione ambientale http://www.who.int/foodsafety/chem/pops_biomonitoring/en/index.html – e, più modestamente, neppure delle associazioni che hanno dato vita di recente ad una specifica “Campagna per la difesa del latte materno dall’inquinamento”.
A questo link www.difesalattematerno.wordpress.com potrà trovare i dettagli della campagna, promossa da associazioni di medici e di genitori (ISDE – Associazione Medici per l’Ambiente, IBFAN Italia, MAMI – Movimento Allattamento Materno Italiano, ACP – Associazione Culturale Pediatri, Minerva p.e.l.t.i. onlus, PeaceLink, Gruppo Allattando a Faenza, Mamme per la Salute e l’Ambiente onlus – Venafro).
Queste associazioni, pur con diverse mission, si sono trovate unite dall’inderogabile urgenza di proteggere la salute infantile, a partire proprio dalla difesa del Latte Materno, Bene Comune di inestimabile valore, sempre più minacciato nel nostro Paese da impianti industriali (compresi gli inceneritori) che rilasciano nell’ambiente sostanze altamente tossiche quali le diossine.

Il latte materno è il primo bene, il primo dono d’amore che un piccolo riceve nella vita, non è uguagliabile da alcun sostituto artificiale o animale e vogliamo rassicurare le madri sul fatto che il latte materno anche se “inquinato” è comunque preferibile ai latti in formula, in quanto garantisce comunque esiti di salute migliori ai bambini, già esposti in utero ad agenti tossici e pericolosi.
Tra le azioni della Campagna da noi promossa c’è proprio la richiesta di attuazione di un biomonitoraggio del latte materno, per mappare le zone più inquinate e rendere consapevoli i cittadini di informazioni che spesso vengono occultate, nonché la ratifica della convenzione di Stoccolma.
La Convenzione di Stoccolma, sottoscritta nel 2001 ed entrata in vigore nel 2004, prevedeva che per inquinanti tossici e persistenti come le diossine se ne vietasse la produzione e l’immissione nell’ambiente.
Attualmente sono 151 gli Stati che l’hanno sottoscritta e ratificata, ma l’Italia è l’unico tra i paesi europei a non averla ancora ratificata, ovvero tradotta in normative di legge, pur avendola sottoscritta nel 2001.
È bene inoltre che i lettori sappiano che l’OMS già dalla fine degli anni ’80 raccoglie i dati di biomonitoraggio del latte materno eseguiti nei paesi europei, grazie ai quali si è potuto dimostrare che negli ultimi 30 anni livelli di contaminazione sono notevolmente diminuiti.
Peccato che in questi studi mai compaia l’Italia e nulla o quasi quindi si possa sapere circa i livelli di contaminazione del latte materno nel nostro paese.
Le segnalo inoltre che nel Report OMS “Persistent organic pollutants in human milk, Copenaghen Regional Office for Europe 2009″ risulta che in molti paesi (Ungheria, Repubblica Ceca, Svezia, Norvegia, Finlandia, Slovacchia ecc) tali livelli nel 2007 sono mediamente 5 picogrammi/grammo di grasso, quindi nettamente inferiori rispetto ai valori riscontrati nei campioni delle mamme di Ravenna (media di 19,6 picogrammi/grammo di grasso).
Comunque, dalle poche indagini condotte di recente in Italia risulta che a Milano, Piacenza, Giugliano, Montale, Forlì i valori riscontrati sono mediamente di 10 pico grammi /grammo di grasso mentre a Taranto, area fortemente inquinata, i valori sono stati mediamente oltre 20 picogrammi/grammo di grasso. (Ulaszewska MM et al. The effect of waste combustion on the occurrence of polychlorinated dibenzo-p-dioxins (PCDDs), polychlorinated dibenzofurans (PCDFs) and polychlorinated biphenyls (PCBs) in breast milk in Italy. Chemosphere. 2011 Jan;82(1):1-8. P. Gentilini et al. Breast milk, dioxin and PCB’s Medico e Bambino 2011; 30: 510-517 ).
Inoltre Lei afferma che: “L’inceneritore è un male che non possiamo evitare. Se ci sono i rifiuti andranno poi smaltiti. All’Ausl non spetta trovare nuove tecnologie per questo scopo. Noi ci limitiamo a controllare e non ci sono state infrazioni”, ci spiace constatare che anche in questo caso non è ben informato: a questi link troverà adeguate informazioni circa l’assoluta evitabilità dell’incenerimento non solo per i rifiuti urbani, ma anche per rifiuti speciali http://www.terranauta.it/a514/rifiuti_e_riciclo/centro_riciclo_vedelago_la_raccolta_differenziata_al_99_per_cento.html e
http://www.energ-etica.eu/mediapool/99/993141/data/Economicita_riciclo_rifiuti_speciali.pdf

Se è vero che all’ASL non spetta trovare nuove tecnologie, è ben vero tuttavia che al Dipartimento di Prevenzione compete il dovere di conoscere le tecnologie esistenti e fra queste scegliere quelle che hanno il minor impatto sulla salute.
Ci sembra infine davvero strano che si auspichi l’istituzione di un “tavolo” per ricercare nuovi contaminanti (quali?) e di cui dovrebbe fare parte anche HERA: non ci risulta che HERA sia una istituzione pubblica: se non andiamo errando HERA è una s.p.a..
Come s.p.a. HERA non ha certamente fra i suoi obiettivi quanto recita l’art. 2 del Servizio Sanitario Nazionale (cui l’ ASL fino a prova contraria appartiene), ovvero: “la formazione di una moderna coscienza sanitaria sulla base di un’adeguata educazione sanitaria del cittadino e delle comunità […] la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e di lavoro; […] la promozione e la salvaguardia della salubrità e dell’igiene dell’ambiente naturale di vita e di lavoro”.
Il valore medio di circa 20 picogrammi/grammo di grasso in due mamme di Ravenna ci sembra debba non solo imporre ulteriori indagini da condurre evitando improprie confusioni di ruoli e competenze, ma suonare come importante campanello d’allarme di una situazione ambientale decisamente contaminata.


Cordiali saluti
Dott.ssa Patrizia Gentilini – Presidente Medici per l’Ambiente Forlì Cesena
e portavoce della Campagna Nazionale per la Difesa del Latte Materno.