di GABRIELE CRISTINZIO* – Parlare di diossina (TCDD)
significa parlare di un inquinante che è diventato ormai il simbolo dell’inquinamento
del nostro pianeta e dalla cui contaminazione nessuno può ritenersi esente.
La storia dei composti clorurati di sintesi ha avuto inizio nella cittadina di Midland (Michigan), ad opera di Mr. Dow, fondatore della Dow Chemical, il quale scoprì nel 1900 il modo di separare il comune sale da cucina in atomi di sodio e di cloro. Se unito a idrocarburi derivati dal petrolio, dava origine così una moltitudine di composti che, dal decennio 1930-40 in poi, costituirono una produzione industriale imponente di solventi, pesticidi, disinfettanti, materie plastiche ed affini. Questi composti clorurati, sia durante il processo produttivo che in seguito a combustione, liberano alcuni sottoprodotti indesiderati, tra i quali le diossine. Il problema della presenza delle diossine nell’ambiente è molto più complesso di quello che potrebbe sembrare ad un primo esame. L’umanità si è resa conto della grave tossicità delle diossine solo in seguito ad alcuni disastri ambientali che hanno comportato l’inquinamento di estesi territori con morte di numerosi animali e patologie gravi negli animali e negli esseri umani. Gli effetti sulla salute generale sono ancora oggi oggetto di studi.
Secondo alcuni ricercatori, le diossine sono state rinvenute anche in strati geologici risalenti ad epoche preindustriali, anche se in minime quantità. E’ probabile quindi che una parte della diossina rinvenibile in ambiente possa avere avuto origine da fonti non ancora chiaramente individuate, sia di origine antropogenica che naturale. In effetti è stato dimostrato che le diossine si possono formare in molti processi di combustione con presenza molto bassa, anche se non nulla, di precursori clorurati (motori a combustione interna di auto, navi ed aerei, stufe e caminetti domestici, incendi forestali, inceneritori). Non sono ancora completamente chiari i meccanismi con cui la TCDD induce tossicità. Quando una molecola di TCDD entra la cellula, si lega al recettore arilico (Poland and Knutson 1982). Il legame trasforma il recettore nella sua forma funzionale che lega il DNA (Henry and Gasiewicz 1993). Il complesso trasformato ligando-recettore arilico trasloca nel nucleo, dove si lega fortemente al DNA inducendo la trascrizione di geni specifici. Questi geni, denominati DRE (Dioxin Responsive Elements), sono implicati nei meccanismi di differenziazione e divisione cellulare, nel metabolismo di alcuni ormoni come quelli tiroidei e di alcuni fattori di crescita. E’ noto che un’eccessiva esposizione alla diossina causa effetti tossici al sistema immunitario e al sistema riproduttivo (infertilità), all’embrione (aborti spontanei) e al feto (malformazioni dei neonati). Le diossine provocano seri danni al fegato, al rene, al sistema nervoso. Nel 1997 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha riconosciuto cancerogena per l’uomo la TCDD. Secondo (Scientific Committee on Food) l’attuale dose tollerabile settimanale (Tolerable Weekly Intake, TWI) ossia la quantità che può essere assunta nell’arco di una settimana, per la durata della vita media, senza che si abbiano effetti tossici apprezzabili relativa alle diossine è espressa in picogrammi, vale a dire in miliardesimi di milligrammi. E’ stato calcolato che l’assunzione settimanale media di diossine con la dieta nell’Unione Europea è compresa tra 8,4 e 21 pg di TEQ/kg di peso corporeo/settimana (EFSA,2004). Sulla base delle conoscenze ad oggi disponibili, il meccanismo primario di ingresso delle diossine nella catena alimentare terrestre sembrerebbe essere la deposizione atmosferica in fase di vapore sulle foglie delle piante e parzialmente sul terreno ingeriti successivamente dagli animali. Esse si accumulano nei grassi delle carni e nel grasso del latte prodotto, (Hulster et al., 1993; Travis et al., 1988). L’uomo può venire in contatto con le diossine attraverso tre principali fonti di esposizione: accidentale, occupazionale ed ambientale. La prima riguarda contaminazioni dovute ad incidenti, la seconda riguarda gruppi ristretti di popolazione (professionalmente esposti), come nel caso di coloro che lavorano nella produzione di pesticidi o determinati prodotti chimici. L’esposizione ambientale, infine, coinvolge potenzialmente ampie fasce della popolazione ed avviene, per lo più, attraverso l’alimentazione con cibo contaminato. Una volta entrate nella catena alimentare, la loro solubilità nei grassi (e insolubilità nell’acqua) fa sì che queste sostanze si aculino nei tessuti adiposi sia dei pesci che degli animali e successivamente nei loro prodotti (carni, uova, latte e derivati). Nell’uomo, circa il 95% dell’esposizione alle diossine avviene attraverso cibi contaminati. L’assunzione di latte e latticini contaminati rappresenta approssimativamente il 37% dell’esposizione, una percentuale apprezzabile del totale deriva dall’assunzione di carni bovine (14%), suine (5%) e di pesce e prodotti a base di pesce (26%, di cui 19% di acqua dolce ed il 7% di mare), oli di origine vegetale (6%), la restante percentuale suddivisa con uova, carni di pollo e altre carni (EFSA,2004). I prodotti di origine vegetale contribuiscono in piccola percentuale. I danni causati dalle diossine sono di diversa natura. In primo luogo, nell’esposizione acuta e a grandi quantità si producono ulcerazioni della pelle, il primo bersaglio anche delle esposizioni meno forti, cloracne, molto caratteristica spesso accompagnata da gravi sfigurazioni, dolori alle articolazioni, mal di testa, affaticamento, irritabilità e stanchezza cronica.. Dal punto di vista cancerogeno la diossina non è un mutageno, ma agisce come promotore. E’ stato accertato che l’esposizione alla diossina predispone fortemente le cellule alla trasformazione neoplastica. Intossicazioni sperimentali con diossine su scimmie dimostrano ridotte capacità di apprendimento in soggetti giovani (Schantz et al., 1989). La diossina è fortemente indiziata come causa della caduta di fertilità (es. diminuzione della conta spermatica nel sesso maschile, endometriosi nel sesso femminile). Un significativo incremento nell’incidenza di diabete è stato dimostrato in esseri umani con livelli di aculo di diossina in un intervallo da 99 ng/kg p.v. a 140 ng/kg p.v. Studi condotti su scimmie Rhesus hanno evidenziato alterazioni della serie bianca del sangue indicative di immunosoppressione, simili a quelle indotte dal virus HIV. Una disfunzione del nostro sistema immunitario causato dalla diossina può comportare una più grande sensibilità alle infezioni, aumentare la probabilità di sviluppo di alcuni tipi di cancri, favorire la comparsa di allergie o di malattie autoimmuni. Occorre dunque agire a livello di prevenzione primaria, trasferendo e integrando le nuove conoscenze scientifiche nei programmi per la sorveglianza delle popolazioni animali e la sicurezza alimentare.
*Veterinario ASREM ambito territoriale di Isernia
18/06/2011
Altromolise.it